
di Souad Sbai
La lunga intervista del vice direttore di “Libero”, Pietro Senaldi, al “capo della moschea di Roma”, Khalid Chaouki, non può passare inosservata. Dopo anni di critiche e richiami, non può che rallegrare il nuovo profilo assunto dall’ex deputato del Pd, se è vero come afferma nell’intervista di voler finalmente “sradicare l’estremismo dall’Italia”.
Le argomentazioni messe in vetrina nell’intervista sono inusuali per lui, come la terminologia impiegata. Quando era nel “mondo chiuso” e “alienante” di Montecitorio, si è sempre ben guardato dal parlare di radicalizzazione nelle carceri, di azioni di monitoraggio e prevenzione, delle centinaia di luoghi di culto illegali gestiti da “imam autoproclamati che nessuno controlla” e quindi della necessità d’istituire un albo degli imam autorizzati a svolgere tale funzione.
Anche la sensibilità manifestata verso le “donne islamiche vittime di violenza o segregazione domestica”, delle quali si era finora disinteressato, è una lieta novità, sebbene l’idea di un “numero verde” ha poco di originale (l’Associazione delle Donne Marocchine in Italia ne gestisce già uno e da tempo).
Una lieta novità è inoltre la dismissione dell’abito terzomondista indossato sui banchi dell’ala sinistra di Montecitorio in materia d’immigrazione. Eccolo dunque stigmatizzare la “mancanza di regole certe e di fermezza nella politica migratoria italiana” e criticare “l’identità di paladina degli immigrati” di una “certa sinistra”, quella a cui apparteneva prima dell’intervista su “Libero”.